Villino Svizzero

La terra si trova in una condizione precaria.
Tutti devono nascere; allungano milioni di teste.

In principio la proprietà è privata. È tutto.
Arriva un ufficiale, un fabbro, un medico. Si fa un giudizio
civile. Si fa uno straniero.
La condizione dello straniero è precaria. Deve dimostrare
di avere soldi legittimi.
Agli indigenti, oziosi, vagabondi; a chi esercita la
prostituzione o l’elemosina, viene consegnato un foglietto
che ordina.
Obbedire al foglio; non obbedire.
Il punto finale è un carcere. Si fa uno stato di grande
debolezza.


C’è una continua instabilità della propria posizione
personale.
Una cosa stabile è il letto di contenzione e
l’individualizzazione dei trattamenti.
Ci sono repressi provvisori, casuali e superiori;
ci sono sottoprodotti di classe stabilmente destinati,
inferiori.

Ogni malanno di classe si abbatte su delle masse in modo
obiettivo: una condizione che ricompone gli atteggiamenti
per ciò che si è dentro.
Un metodo per i comportamenti.

Un nuovo regime ha abolito le sue stesse leggi. C’è un
cesto delle cose sporche.
L’aspetto della dittatura è rinsaldato; l’ordine è maggiore,
il comitato è forte.

Dopo questo la pioggia viene tosto e così dirotta che
ristora la terra dalla siccità di anni.
Dalla foresta escono due orsi.
Un cadavere è gettato nella caverna.
Agilità e forza primitiva. Giochi.
D’altra parte bisogna costruir luoghi per difendersi.
Bisogna imparare a giocare, a ridere. Resta la primaria
fonte di lotta.

Si sforzano di dimenticare. Chi non ci riesce ha paura.
Cercano di sopravvivere. Pensano all’avvenire.
Ore 5: sveglia. Ore 22: silenzio. Tra la sveglia e il silenzio
12 ore di addestramento.
Il corpo deve essere rotto a ogni destrezza.
Qualche ramo venuto da chissà dove. Sassi, terra, stracci.
Un mulo, un asino, una capra. Si può continuare a vivere.

Al di là delle frontiere, strani villaggi. Aspettano in mezzo
alle pietre.
Ci sono dappertutto delle trasmittenti che diffondono gli
ordini, annunciano le operazioni, fanno un bilancio.

Ciò che era piacere diventa idea fissa, febbre, ossessione,
fonte d’angoscia. Il principio è contaminato dalla realtà.
Per un comune accordo, l’autorità è ormai una faccenda
di calma e di ragione, un lento assoggettamento tecnico
delle energie naturali.

– La realtà è la realtà. C’è mica altro.
– Rifiutate il lavoro. L’isolamento è brutto.
– Siamo divisi e siamo pochi.
– Sognavo un mulo; e sono morto.
– È morto in manicomio.
– Spacchiamo tutto e andiamo dentro.
– È morto, questo mulo.

– Che c’era in questa nebbia?
– C’eravamo noi altri.
– C’ero? E dov’ero?
– Non era un bel sogno, allora

Luci, fiamme, scoppi.
– Salve Regina.
Domattina, all’aria.
– Domattina all’aria!
– Domattina in cortile!
All’aria.

– Alla cella numero uno si piange.
– Alla cella numero due si piange.
– Alla cella numero tre si piange.
– Alla cella numero quattro si piange.
– Alla cella numero cinque si piange.
– Alla cella numero sei si piange.
– Alla cella numero sette si piange.

– La prima custode fa schifo.
– La seconda custode fa schifo.
– La terza custode fa schifo.
– La quarta custode fa schifo.
– La quinta custode fa schifo.
– La sesta custode fa schifo.
– La settima custode fa schifo.

Lo specchio può essere uno strumento e lo specchiarsi
una tecnica estraniante. Si rilevano, così, incongruità: in
uno spazio immenso, ma non incommensurabile, appare
inaspettatamente una presenza da una superficie
specchiante e, da altrove, una seconda presenza. Si
vedono; non si riconoscono. Molte volte la reazione di
entrambe è un sussulto; è un attimo di morte. Si tratta di
un‘esperienza.
Se, e quando, le due presenze si riconoscono, lo spazio
immenso è misurato in vari modi ma, essenzialmente,
dalla loro congruenza e incongruenza in quel momento
del tempo. Ecco allora che compare il primo sintomo di
dissidenza. Sintomo che ha un suo incedere esponenziale
e, successivamente a io-sono, realizza una condizione di
dissidenza: deviazioni radicali da un’umanissima ostinata
ambizione al mantenimento della continuità.

Risemantizzare vari modi di essere e stare al mondo.
Astenersi. E s’intende, l’astensione, un primo e
fondamentale passo verso lo sradicamento dal senso di
possesso. Nei confronti di ogni cosa, s’intende. C’è
bisogno di spazio.

Allora si fanno fuori gli oggetti (su questi, il senso di
io-sono afferma ed espande il proprio campo).

Nel complesso, una rivisitazione. Davanti al sepolcro.

Quello che è dietro e dentro, trapassa davanti e fuori,
mostra l’origine del volto: fosse, alture; protuberanze,
scabrosità. Cose essenziali che fanno spavento. A molti.
Anche e altrimenti si rivelano come qualcosa di sacro; un
grande silenzio e l’esito di un trapasso.
Si tratta di un’azione contraria al nascondere, dove ha
inizio la stratificazione e la costruzione di una forma di
una faccia.

«La sua forma l’ho ricavata dalla terra di argilla. Ho preso
un teschio e ho premuto la sua parte frontale su una


@Mariangela Guàtteri
Estratto da Villino Svizzero - Casino Connoly, Il verri editore 2024




@Mariangela Guàtteri
Tav. IV Colonia-Scuola Marro: misure dello spazio/tempo interiore in fase di allenamento - Casino Connoly, Il verri editore 2024



Colonia-Scuola Marro

Per le residenze dei dipendenti si redige il progetto di un
piccolo villaggio da impiantarsi all’estremità ovest
dell’area, immediatamente fuori dal recinto. È un
villaggio di 24 palazzine servite da 4 strade interne, con
annessi giardino e un piccolo edificio per bassi servizi.
Nel progetto le abitazioni si sviluppano su 2 piani, ma in
realtà internamente sono costruite a 3 piani. Così i
dipendenti si ritrovano inginocchiati e in una condizione
in cui sembra impossibile muoversi. Lo spazio di
articolazione del movimento è minimo e quello in cui
vorrebbero spostarsi con tutto il corpo è tanto vasto
quanto impossibile. Patiscono questa modificazione dello
spazio di esistenza.

Essenzialmente è il nuovo confine con cui fanno i conti e
che recinta le dimensioni con le quali trattano
quotidianamente per creare relazioni e letteralmente
misurarsi con la realtà, con le dimensioni dello spazio e
del tempo; e giocano col loro rapportarsi, prendono le
misure. Le misure sono di fatto dei confini.

I dipendenti rilevano delle misure, fanno dei
ragionamenti, inventano il lavoro per avere il momento
libero, la giornata del riposo, un motivo per alzarsi da
letto e per ammalarsi. Misurano il livello di esperienza e
l’intensità delle funzioni vitali, sincronizzano gli orologi
per sperimentare l’agitazione del ritardo. Sono davvero
folli. Perciò sono qui dove ogni padiglione è preciso nella
sua funzione aggregante e di cura; dove ognuno ha un
ruolo preciso e un motivo sicuro per fare ciò che fa. Il
Padiglione, il Villino, il Casino, l’Officina, il Laboratorio,
la più moderna strumentazione, l’incessante attività
documentale, la registrazione, la riproduzione, il metodo,
esistono per loro. Loro li mettono a punto e li
dimostrano.

Così la loro esistenza è più evidente e in tal modo sono
sicuri di sé stessi, sanno di esistere.

Practognostica (il confine, il ginocchio)

                                                                                           13 aprile

Allenatore– È giusto il confine. Il confine contiene e
separa. È una cosa fenomenale, è uno strumento raffinato
per arginare l’evidenza esplosiva di ciò che non si riesce
ancora a comprendere e a pensare. Un vincolo imposto
all’attività percettiva. Una gabbia visiva, ad esempio; una
gabbia, in ogni modo, mentale.

Il confine si esprime in tutta la propria potenza quando
recide l’automatismo di una funzione vitale ponendola
sotto controllo. È il principale confino, il più estremo. Da
lì non se ne scorgono altri. Alcuni dicono che sia il primo
e l’ultimo. Una profonda e totale recisione.

Cominciate a respirare e alzate le braccia sopra la testa;
quando espirate inchinatevi, schiacciate lo spazio tra il
torso e le gambe, tra la fronte e il ginocchio. Poi
sospendete il respiro e osservate questo silenzio immenso
nel vostro spazio diventato minimo e capovolto. Dunque,
ribaltàti, osservate l’ultimo dei confini.

Vi sembra davvero così remoto?

Vi sembra di scoppiare con la violenza di un mondo che
nasce?

Il limite di una pressione.

Quando tornerete ad inspirare fate spazio tra la fronte e il
ginocchio, tra il torso e le gambe, allungando le braccia in
avanti e in alto. Congiungete le mani, sopra il capo, in
preghiera. Mantenete il respiro all’interno, quasi per
sempre, così vi sembra. Ma vi prego, ora liberate il respiro
e ripetete; ancòra e ancòra.

Dovrete esercitarvi a lungo in questo modo.

Si consideri adesso, del ginocchio, la peculiarità della
forma-funzione: raccordo mobile tra due o più parti fra
loro prossime; e la possibilità di dar vita a una piega, così
come la possiedono anche lo spazio e il tempo.

Bisogna intuire queste pieghe spaziali e temporali. Bisogna
piegare le ginocchia.

Inginocchiatevi e sedete sui vostri talloni.

Alzate le braccia.

Ora inchinatevi portando le braccia e la fronte a terra.

Tornate indietro alzando le braccia, la fronte e il tronco;
staccate i glutei dai talloni e restate eretti e inginocchiati.

Abbassate le braccia.

Ripetete da capo.



@Mariangela Guàtteri
Estratto da Villino Svizzero - Casino Connoly, Il verri editore 2024


Villa di salute Esquirol

Alla villa neoclassica arriva una strada bianca alberata.
La strada arriva da fuori, strisciando sotto il muro che
circonda la villa.

L’alienazione mentale è una vera e propria malattia, cui si
deve far fronte con criterî scientifici e, in ogni caso, con
metodi umani.


La villa, la strada che arriva alla villa e il muro che la
circonda sono opere del metodo umano.

La Villa di salute Esquirol è nella villa neoclassica.

Vi sono ospitate persone anche molto diverse tra loro che
ne fanno un luogo variopinto.

Le indicazioni più recenti parlano della necessità di
ricorrere a un trattamento morale in ogni terapia.

Ma dato l’aspetto variopinto si utilizza qui la
cromoterapia.

Le molte persone molto diverse tra loro hanno qui in
comune, e per gruppi, un colore.

Un colore segnala uno stato di demenza; un altro quello
dell’idiozia.

Nella prima metà del XVI secolo, diminuita la lebbra e
ancor prima, cessata la peste, uno stuolo di miserabili:
invalidi, decrepiti, storpi, epilettici, sordomuti, ciechi,
paralitici, facendo tutt’uno coi lebbrosi rimasti,
strisciavano su una strada bianca.

Per valorizzare adeguatamente i disordini della sfera
affettiva, si fa, qui e ora, come si faceva allora con lo
stuolo dei miserabili: si segnala il disordine con un colore,
sostituendo la marca sul corpo con la luce precisa di un
laser.

Il trattamento morale s’impone a seguito della condanna
di quello brutale.

La demenza, l’idiozia, i disordini sono dunque ora
colorati: uno, riassumendo, segnala la demenza, un altro
l’idiozia e un terzo, che si precisa ora, è la pura luce di
un raggio laser e identifica i disordini della sfera
affettiva.

Il nuovo Direttore della Villa risolve il problema del
sovraffollamento conferendo un’organizzazione razionale
al vasto spazio.

Ora, per la prima volta, una netta distinzione del tono e
dell’intensità del colore e della luce, ovvero del genere e
della gravità della situazione, informa le azioni da
intraprendere nell’ammodernamento di spazi e strutture.

Dalla Sezione Lombroso arriva un numero della Rivista
Militare che parla degli studi sulla ventilazione naturale.

«Il Maggiore constata la necessità di migliorare le
condizioni di salubrità dei luoghi abitati ad uso
collettivo e spiega i principi sui quali è fondata la



@Mariangela Guàtteri
Estratto da Villa di salute Esquirol - Casino Connoly, Il verri editore 2024


Quarto Piano

Luisa si allenava da mesi. Tre ore al giorno. A ricreazione mangiava tutto il pranzo per iniziare gli allenamenti subito dopo scuola. Poi la merenda era meritata. Quando non andava in palestra, trascinava il suo tappeto elastico al centro del giardino e saltava lì. Instancabile, determinata, sicura. I suoi genitori la lasciavano fare. Non volevano porre limiti al suo divenire ancora informe. La figurina esile di Luisa attraversava la luce inseguita dal grande tappeto. Gli girava intorno. Fissava, misurava, auscultava. L’elasticità del suo tappeto superava di gran lunga quella dei rigidi tappeti omologati, soffocati, privi di timbro. L’aveva truccato, benché fosse vietato dalla legge. I suoi salti erano plastici, delicati, leggerissimi. Una sinfonia di molle, ganci e corde li accompagnava all’apice. Un silenzio. La discesa ventosa. In quella musica risiedeva il maggiore piacere di Luisa. Ma lo scopo reale di tutto questo era un altro: il quarto piano, la finestra spalancata. Dopo mesi di allenamento e continui ritocchi, Luisa si sentì pronta. Finita la scuola prese il suo tappeto e lo trascinò sotto il palazzo. Saltò e saltò ancora. Diciannove volte raggiunse il silenzio nel quadro della finestra. Sette volte verdi. Tra cui un fiore, delle efelidi, un caffè. Sei volte celesti, dello stesso del cielo. Si confuse infatti. Cinque volte neri. Nell’ultimo riconobbe il suo salto.



Lo sguardo dell’unghia

körömnéza sost. fem. [lett. “lo sguardo dell’unghia”] 1. Per similitudine con la forma della luna nuova: a. Sguardo amorevole, tranquillo e rassicurante: La presi tra le braccia e la conobbi con uno sguardo anch’esso neonato, una k. che presto, ma non ancora, avrebbe assunto forme diverse e gravi (Autobiografia di Agnes D.). – b. Disposizione di rinnovata fiducia verso una persona o una situazione: Non bastano le scuse per far la k. (pop.). – c. Stato di grazia; quiete; leggerezza esistenziale, spensieratezza, entusiasmo, gioia: Iniziano le vacanze e la k. estiva. – d. est. Atteggiamento naïf, talvolta inconsapevole o eccessivamente ottimista che può sfociare in atti sconsiderati. – e. rar. In informatica, operazione che comprende il reset e l’inizializzazione di un dispositivo. 2. Per l’antica credenza secondo cui le unghie continuano a crescere dopo la morte: a. Estrema lucidità di fronte alla morte imminente; rassegnazione all’inesorabilità di una disfatta: La k. del grande architetto sepolto nella sua opera divina; la k. del condannato a morte; la k. del malato terminale; la k. del magistrato palermitano. – b. Nel gioco delle carte, ultimi lanci, non risolutivi, del o dei giocatori in svantaggio. – c. gener. Consapevolezza.

@Arianna Fiore
Testi precedentemente pubblicati su Multiperso


Bikini Tests



18:45:00.0 28 February 1954 (GMT) Bikini Atoll. Surface burst.
Yield 15 Mt. A 15 Mt two stage thermonuclear surface burst.
The Bravo test created the worst radiological disaster in US history.


22:00:34 30 June 1946 (GMT) Bikini Atoll lagoon, Marshall Islands.
Airburst,520 ft. Yield 23 Kt. A standard Fat Man type Mk 3A fission bomb.
The bomb fell 980 ft short and 1870 ft left of target.


17:51 20 May 1956, Bikini Atoll. 
Test B-52 Air Drop, 4350 (+/- 150) Ft burst. Yield 3.8 Mt.


17:50.00.1 11-May-58. Bikini Atoll
Yield 1360Kt (1500 est). Sponsor UCRL. 
Test of weapon deployment Clean 2-stage Thermonuclear Device.
Only 90 kt of yield due to fission (6.6%).

@JLIAT
http://www.jliat.com


Paesaggio anemico

Quando le forze si disperdono e l'anemia
aggiunge una distanza al paesaggio
io mi riduco, al risveglio immagino
un cappio d'acciaio che scende dal soffitto
la stanza è un'immagine della mente
in cui regredire, farsi lanicchio.

II THC, se assunto quotidianamente
scioglierà l'inverno in gesti fantasma
jump-cut dei giorni, mi chiederò come.
La fase REM si assottiglia, nei test
i soggetti riportano assenza di sogni.
Sarebbero sparatorie e fughe
centinaia di morti.


In sogno

Questa notte il capoufficio
ha preso a pugni suo padre
i colleghi guardavano, nessuno è intervenuto.
Si osserva nello specchio ripetere gesti
visti nei film, l’acqua scorre nel lavabo
XXXTentacion nello stereo. Sarà un professionista
si muoverà come un killer, sfonderà la porta
li stanerà come bestie. Sulla metro
pensa a un viaggio in BlaBlaCar
al tenente dei parà che lo fissa dallo specchietto
e dice “Devi essere un guerriero
per paracadutarti in territorio nemico
senza sapere dove atterrerai” mentre sfreccia a 180
in autostrada. Il tragitto è troppo lungo
per ignorare i leggings della studentessa
le unghie finte contro lo schermo dello smartphone.
Nel buio della galleria vede riflesso
il muso di un piccolo mammifero
gli occhi feriti cercano riparo dalla luce dei led.

Qualcosa brucia nel petto, una carica esplosiva
l’onda d’urto rade al suolo la metropoli
chilometri di polvere, macerie e morti.
Dovrebbe essere un guerriero, si sente esausto
mentre spinge la grande porta a vetri
entrando nel palazzo.



@Riccardo Innocenti
Lacrime di babirussa, NeM editore, 2022





@Riccardo Innocenti
Scritti sul cinema, 2023